Olomanzia, universo
L'Universo è un'illusione?
Stupefacenti scoperte nel campo della fisica potrebbero sconvolgere completamente le nostre convinzioni sulla natura dell'universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d'ora.
Il noto fisico David Bohm sosteneva che le scoperte che Aspect aveva fatto implicassero il fatto che la realtà oggettiva non esistesse. Nonostante apparentemente l’universo appare solido sia in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e dettagliato.
(…) Bohm si convinse che le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa, perché tale separazione è un’illusione.
Era convinto che a un livello di realtà profonda, tali particelle non sono entità individuali, ma estensioni di un organismo fondamentale. Il tempo e lo spazio, in un Universo olografico, non sarebbero più dei principi fondamentali.
Analizziamo come nasce un ologramma:
Si prende un fascio di luce laser e lo si scinde in due fasci. Uno (fascio A) punta direttamente sulla pellicola fotografica da impressionare, l'altro (fascio B) illumina l'oggetto da fotografare. I raggi di luce che rimbalzano sull'oggetto finiscono poi sulla pellicola, dove creano uno schema (schema d'interferenza) interferendo con i raggi di luce diretta (quelli del fascio A).
In seguito, proiettando un altro fascio laser sulla pellicola impressionata, essa genererà un'immagine tridimensionale dell'oggetto fotografato.
Le caratteristiche di un ologramma:
Che ogni sua parte contiene tutte le informazioni del tutto, ( se si rompe la lastra fotografica e se ne prende un pezzo piccolissimo, illuminandolo con un fascio di luce si otterrà l'intera immagine originale dell'oggetto, ma più piccola).
Che cambiando in fase di produzione la direzione (incidenza sulla lastra) del fascio luminoso, è possibile scrivere più ologrammi sullo stesso supporto fotografico. In fase di lettura basterà variare la provenienza della luce per far generare dalla lastra il tale o il talaltro ologramma.
Ecco, perché si dice che l'universo è un immenso ologramma, ogni sua cellula o frammento di materia contiene in sé tutte le informazioni passate, presenti e future dell'intero creato.
Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti.
Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio.
Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del professor Aspect. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Egli sosteneva che, a un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso organismo fondamentale.
Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l'acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario. Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando a osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente.
Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se leparticelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono parti separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica e indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste immagini, ne consegue che l'universo stesso è una proiezione, un ologramma. Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato.
Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, a un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte e ogni stella che brilla nel cielo.
Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni dell'universo, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali.
Considerato che concetti come la località vengono distrutti in un universo dove niente è veramente separato dal resto, anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sul monitor) dovrebbero essere interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso.
La realtà al suo livello più profondo non è altro che una specie di super-ologramma dove il passato, il presente e il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che, con strumenti appropriati, un giorno saremo capaci di spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da tempo dimenticato. Cos'altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta.
Ipoteticamente se esso esistesse, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come un magazzino cosmico di tutto ciò che Esiste.
Bohm si era anche spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un’infinità di ulteriori sviluppi. Siccome il termine ologramma si riferisce solitamente a una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l'universo col termine olomovimento.
Dire che ogni parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa che l’informazione è distribuita non localmente. Se è vero che l’universo è organizzato con principi olografici, anch’esso dovrebbe avere delle proprietà non locali e perciò ogni particella esistente contiene in se stessa l’immagine intera.
Partendo da questo concetto si deduce che tutte le manifestazioni della vita provengono da un’unica fonte di casualità che include ogni atomo dell’universo.
Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà.
Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell'olografia. Il Dott. Pribram crede che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l'area del frammento di pellicola che contiene l'immagine olografica. Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe anche in che modo questo organo riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato.
È stato calcolato che il cervello della nostra specie ha la capacità di immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni dell'Enciclopedia Treccani!) e si è scoperto che anche gli ologrammi possiedono una sorprendente capacità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l'angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio…. ma anche di correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo.
Anche la nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall'enorme magazzino del nostro cervello risulta spiegabile più facilmente, se si suppone che esso funzioni secondo principi olografici. Non è necessario scartabellare attraverso una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: un'altra particolarità tipica degli ologrammi.
Dall’ipotesi di Pribram si spiega un’altra caratteristica del cervello, cioè la sua abilità nel tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. che esso riceve tramite i sensi, nel mondo concreto delle nostre percezioni.
Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio. Così come un ologramma funge, anche da strumento di traduzione capace di convertire un ammasso di frequenze senza significato in una immagine coerente, così il cervello usa i principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori.
Il ricercatore Hugo Zucarelli ha recentemente applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, anche nel caso in cui il soggetto risulta sordo da un orecchio. È risultato che ciascuno dei nostri sensi è sensibile a una varietà di frequenze molto più ampia di quanto supposto.
La realtà? Non esiste, è solo un paradigma olografico.
Sbalorditivo è quando si unisce il modello celebrale olografico di Pribram e la teoria di Bohm. Perché se la concretezza del mondo è una realtà secondaria e ciò che esiste e un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa rimane della realtà oggettiva? Per dirla semplicemente: non esiste.
Le religioni e le filosofie orientali hanno da sempre sostenuto che il mondo materiale è un’illusione.
Noi stessi siamo convinti di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico ma tutto ciò fa parte del campo dell’illusione. In realtà siamo un specie di ricevitori che galleggiano in un caleidoscopio mare di frequenze ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di mondi esistenti nel super-ologramma.
Questo nuovo concetto di realtà è stato battezzato paradigma olografico e benché alcuni scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Alcuni ricercatori sono convinti che si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti stati alterati di coscienza potrebbero semplicemente essere il passaggio a un livello olografico più elevato.
Se la mente è effettivamente parte di un labirinto collegato a ogni altra mente esistente o esistita, a ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, e al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano. Immaginarsi malati, immaginarsi sani.
Lo psicologo Keith Floyd, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza. Ma al contrario, sarebbe la coscienza a creare l'illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come fisico.
Il nostro modo di studiare è stato rivoluzionato in maniera tale che ha portato i ricercatori ad affermare che anche la medicina e quello che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Perciò se l’apparente struttura fisica del corpo è una proiezione olografica della coscienza, è chiaro che ognuno di noi è più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina.
Quindi quelle che noi consideriamo guarigioni miracolose potrebbero essere causate da un mutamento dello stato di coscienza capace di provocare cambiamenti nell’ologramma corporeo.
Potrebbe essere che in maniera simile alcune controverse tecniche di guarigione alternative, come la visualizzazione, risultino efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la realtà: il mondo concreto è come una tela bianca che aspetta di essere dipinta.
Addirittura le visioni e altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire semplicemente spiegate se accettiamo l'ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro Gifts of Unknown Things, il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, ha la capacità di far svanire all’istante un intero boschetto di alberi.
Watson dice che mentre lui e un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte.
Anche se le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegare tali fenomeni, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà. Forse siamo tutti d'accordo su cosa esista o non esista semplicemente perché ciò che consideriamo realtà consensuale è stato formulato e ratificato a un livello della coscienza umana nel quale tutte le menti sono illimitatamente collegate tra loro. Se questo fosse vero, sarebbe la più profonda e importante di tutte le conseguenze connesse al paradigma olografico, implicherebbe infatti che esperienze come quella riportata da Watson non sono comuni solo perché non abbiamo impostato le nostre menti con le convinzioni atte a renderle tali. In un universo olografico non vi sono limiti all'entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo.
Le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere modificate alla luce della teoria olografica della realtà.