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Olomanzia: la divinazione scientifica

Le basi scientifiche delle arti divinatorie

Esercitare una qualsiasi arte divinatoria comporta uno sforzo, e questo sforzo viene compiuto in massima parte per conciliare la mente con l'inconscio – l'unica componente umana che sia in grado di attingere alle moltissime informazioni che sono irraggiungibili dalla mente e risiedono in quello che Jung definì Inconscio Collettivo. Oggi abbiamo la possibilità di sanare questa discrepanza a vantaggio nostro e delle persone che conteranno sulla nostra capacità di riscoprire ed esercitare facoltà percettive che vanno “oltre” le normali attitudini dell'Uomo del 2000. Il problema principale nell'esercizio delle arti divinatorie risiede nel forzato sbilanciamento a favore delle percezioni inconsce, necessario il più delle volte per “zittire” le interferenze di una mente che non comprende simili attività e, quindi, è portata ad ostacolarle. Oggi abbiamo finalmente la possibilità di trasformare la mente da nemica in alleata. Stranamente, l'aiuto giunge dalla direzione che a prima vista tutti riterrebbero impossibile. Stiamo parlando della scienza e della fisica in particolare. Stiamo per proporvi un viaggio nel meraviglioso mondo dell'anima e delle emozioni, che sono concetti e/o presenze ormai quasi estranee alle nostre vite. Eppure sono sempre lì, dentro di noi, e sono anche la nostra realtà più autentica e gravida di un potere quasi dimenticato e perfettamente recuperabile. Tranne qualche raro caso, chiunque può - sia per doti innate che grazie a un sereno lavoro di recupero – tornare a sviluppare la parte più potente di sé. L'unico requisito necessario è la disponibilità a capire e a sperimentare, ed è probabile che ciò risulti, tra le altre cose, estremamente piacevole e gratificante. Iniziamo.

La fisica spiega le facoltà di percezione extrasensoriale: Alain Aspect

Un team di ricercatori dell’università di Parigi diretto dal fisico Alain Aspect nel 1982, condusse un esperimento che potrebbe essere uno dei più importanti del XX secolo. Aspect con il suo team hanno scoperto che alcune particelle subatomiche, come gli elettroni, se si trovano in una particolare condizione sono capaci di comunicare istantaneamente l’una con l’altra e la distanza non è un vincolo. In pratica ogni particella sa cosa stanno facendo le altre. Il fenomeno si può spiegare in due modi: Einstein che esclude la possibilità di comunicazione più veloce della luce, che è da considerarsi errata, oppure che le particelle subatomiche sono connesse non localmente, in modo che ancora rimane sconosciuto. L’ipotesi più credibile vede l’esperimento di Aspect dimostrare che il legame fra particelle subatomiche è effettivamente di tipo non-locale, perché molti fisici negano la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce. Questo cosa significherebbe che l’Universo è un immenso ologramma.

Fisica: David Bohm e la Teoria Olografica dell'universo

Il noto fisico David Bohm sosteneva che le scoperte che Aspect aveva fatto implicassero il fatto che la realtà oggettiva non esistesse. Nonostante apparentemente l’universo appare solido sia in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e dettagliato. (…) Bohm si convinse che le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa, perché tale separazione è un’illusione. Era convinto che a un livello di realtà profonda, tali particelle non sono entità individuali, ma estensioni di un organismo fondamentale. Il tempo e lo spazio, in un Universo olografico, non sarebbero più dei principi fondamentali. Analizziamo come nasce un ologramma: si prende un fascio di luce laser e lo si scinde in due fasci. Uno (fascio A) punta direttamente sulla pellicola fotografica da impressionare, l'altro (fascio B) illumina l'oggetto da fotografare. I raggi di luce che rimbalzano sull'oggetto finiscono poi sulla pellicola, dove creano uno schema (schema d'interferenza) interferendo con i raggi di luce diretta (quelli del fascio A). In seguito, proiettando un altro fascio laser sulla pellicola impressionata, essa genererà un'immagine tridimensionale dell'oggetto fotografato. Le caratteristiche di un ologramma: che ogni sua parte contiene tutte le informazioni del tutto, (se si rompe la lastra fotografica e se ne prende un pezzo piccolissimo, illuminandolo con un fascio di luce si otterrà l'intera immagine originale dell'oggetto, ma più piccola) che cambiando in fase di produzione la direzione (incidenza sulla lastra) del fascio luminoso, è possibile scrivere più ologrammi sullo stesso supporto fotografico. In fase di lettura basterà variare la provenienza della luce per far generare dalla lastra il tale o il talaltro ologramma. Ecco, perché si dice che l'universo è un immenso ologramma, ogni sua cellula o frammento di materia contiene in sé tutte le informazioni passate, presenti e future dell'intero creato.

La neurofisiologia conferma la Teoria Olografica dell'universo: Karl Pribram

Il Dott. Pribram, neuroscienziato austriaco, crede che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni masi trovano negli schemi degli impulsi nervosi che si s’intersecano in tutto il cervello così come gli schemi dei raggi laser s’intersecano su tutta l’area del frammento di pellicola che contiene l’immagine olografica. Perciò l’encefalo stesso funzionerebbe come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe anche come quest’organo è capace di contenere, in uno spazio così limitato, enormi quantità di ricordi. E’ stato valutato che il cervello umano ha la capacità di conservare un’enorme quantità di informazioni: ciò costituisce una forte affinità con gli ologrammi che anch’essi possiedono enormi capacità di memorizzazione. Infatti, cambiando l’angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio, ma anche in questo caso correlare idee e decodificare frequenze d’ogni tipo. Anche la nostra incredibile capacità di recuperare velocemente qualsiasi informazione dall’enorme magazzino del nostro cervello più facilmente spiegabile, se si suppone che funzioni secondo principi olografici: non è necessario scartabellare una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale, perché ogni frammento d’informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: un’altra particolarità tipica degli ologrammi. Quindi quelle che noi consideriamo guarigioni miracolose potrebbero essere causate da un mutamento dello stato di coscienza capace di provocare cambiamenti nell’ologramma corporeo. Potrebbe essere che in maniera simile alcune controverse tecniche di guarigione alternative, come la visualizzazione, risultino efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la realtà: il mondo concreto è come una tela bianca che aspetta di essere dipinta. Anche le visioni e altre esperienze di realtà straordinaria si possono spiegare se accettiamo l’ipotesi di un Universo olografico. Nel libro Gifts of Unknown Things il biologo Lyall Watson descrive l’incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi.

La fisica quantistica spiega con gli esperimenti diheisenberg (ed altri) il potere della volontà di mutare la realtà

Se si spara un gruppo di fotoni su un bersaglio composto da una maschera con due piccoli fori, passano un po’ di fotoni da un foro e un po’ dall’altro, ma ciò che si vede dietro la maschera, sul vero bersaglio, è una figura d’interferenza, la quale mostra che i fotoni si sono comportati come onde e non come particelle. Questo significa che i fotoni sono onde. Se però si spara un solo fotone contro la maschera, sul bersaglio si riscontra ancora la figura d’interferenza, come se il fotone fosse passato contemporaneamente attraverso ambedue i fori. Poco male, in questo caso si dice che l’onda associata al fotone possiede una certa probabilità di passare da un foro oppure dall’altro; quindi, se il fotone è un’onda, anche un solo fotone avrà il 50% di probabilità di passare attraverso tutti e due i fori. Se invece si ferma il fotone con un rivelatore prima che sia passato attraverso la maschera, questo appare come una particella. Strano ma ancora spiegabile, il rivelatore ha interagito irreversibilmente con il fotone alterandone l’immagine reale. Ma allora perché non lo fa anche con il bersaglio posto dietro la maschera? Forse il fotone è passato attraverso la maschera, che ha interagito con il fotone stesso facendo in modo che si comportasse da onda. Quindi prima di passare attraverso la maschera il fotone è una particella e dopo un’onda? Bene, mettiamo un rivelatore di fotoni dopo la maschera, così dovremmo rivelare il fotone come onda e vedere ancora le figure d’interferenza. Niente da fare: questa volta il fotone attraversa la maschera, si comporta da particella e non solo non crea le figure d’interferenza, ma passa anche da un foro solamente e non da ambedue: il fotone sembra decidere di comportarsi da particella se si mette un rivelatore, ma se non lo si mette si comporta da onda. Non solo: se si mette il rivelatore subito dietro il foro di destra, il fotone passerà solamente dal foro di destra e, se si sposta il rivelatore sulla sinistra, il fotone saprà esattamente dove è stato spostato il rivelatore e passerà dal foro di sinistra. Ma allora i fotoni leggono nella mente? Nossignori: “La conoscenza di un sistema ne altera lo stato fisico”. L’Universo sarebbe quindi un’astrazione che diviene reale non appena la si percepisce; ma, a seconda di ciò che si vuole vedere, si manifesterà proprio in quel modo, e proprio in quel modo diventerà reale. Vuoi vedere un elettrone come una particella? Mettiti nelle condizioni di conoscenza secondo le quali esso si comporterà così. Vuoi vedere un elettrone come onda? Cambia le tue condizioni di conoscenza. Dunque, a seconda della consapevolezza che hai dell’Universo, questo ti apparirà in modo differente. Ecco perché si è deciso di aggiungere un asse, quello della Coscienza, ai tre assi di Spazio, Tempo ed energia che caratterizzano la vecchia Teoria del SuperSpin (N.d.r.: la realtà è appunto costituita solo di spazio, tempo ed energia).

Fisica e volontà parte seconda: l'effetto maharishi

Per alcune persone, è il nostro cervello l’organo capace d’interagire con la realtà, da un lato a causa del diverso livello di conoscenza che ciascuno ha, dall’altro per la capacità di alterarne i vari parametri. La tecnica da utilizzare sarebbe quella descritta dal maestro Yogi Maharishi Mahesh e identificata con la sigla MT (Meditazione Trascendentale). Maharishi, laureato in fisica, per primo ha proposto l’intervento della coscienza come parametro aggiuntivo e necessario alla teoria dell’unificazione delle forze che i fisici vanno cercando da anni. Le misurazioni di natura statistica effettuate dopo le meditazioni sembrano mostrare sensibili modificazioni di alcuni parametri della realtà oggettiva Una conferma scientifica è stata ottenuta da esperimenti dove si verifica un’influenza della consapevolezza umana su dispositivi fisici (esperimenti condotti dalla PEAR, Princeton Engineering Anomalies Research, Scientific Studies of Consciousness-Related Physical Phenomena) L’effetto Maharishi sembra funzione del quadrato del numero delle menti che partecipano alla MT (Meditazione Trascendentale).

Il crollo della fisica tradizionale.

Secondo Einstein bastava recitare le formule matematiche per guardare Dio negli occhi. Ma venne sconfitto quando Newton scopritore della cosiddetta forza di gravità, pensava che, siccome i conti gli tornavano e quindi era giusta anche la teoria che la forza di gravità esisteva perché esisteva una formula che descriveva il fenomeno fisico che l’aveva ispirata. Ma Einstein s’inventò la piegatura dello spazio-tempo, un po’ di decenni dopo, e per Newton era la fine. Le forze non esistevano più perciò neanche quella di gravità. Wimberg dichiarò: “Non esiste nessuna ragione per cui le mele debbano cadere a terra.” Quindi la formula esisteva, ma non esisteva il fenomeno fisico da essa descritto. Dopo qualche decennio Einstein si trova completamente spiazzato dalle nuove teorie quando affermano che non esiste nessuno spazio-tempo che si spiega e se anche esistesse sta fermo e non si sgualcisce. In fine da una parte Einstein deva che l’universo non si può osservare con chiarezza perché tutto è relativo, dall’altra Heisenberg afferma che, mentre si osserva qualcosa, la si perturba, e così si presenta in modo diverso da ciò che è in realtà. Queste due affermazioni riducono a pezzi il metodo galileiano! A Galileo la scienza moderna fa dire che la prima cosa da fare è osservare il fenomeno fisico e descriverlo bene, poi riprodurlo in laboratorio e, infine, creare l’algoritmo che lo descrive. Ma se il fenomeno fisico non può essere osservato correttamente, e se ciò viene affermato persino dalle formule di Einstein e di Heisenberg, allora a cosa servono le formule della Fisica se non a dire che le formule della Fisica non servono più? (...) Questo articolo contiene estratti e riferimenti a: C. Malanga, Alieni o demoni.